Claudio Corrivetti da fotografo a editore fotografico
E’ una persona gentile, dai modi garbati e sempre sorridente, sia che lo si senta per telefono o che lo si incontri, sembra davvero soddisfatto del lavoro che fa: è Claudio Corrivetti fondatore di Postcart, casa Editrice di libri Fotografici.
Presente con diversi interessanti titoli a Mostre Diffuse [Fotografia] 2016, tra i quali Going Slowly di Stefano Giogli, e La Vertigine dello Sguardo di Maurizio G. De Bonis, libri proposti al pubblico di Mostre Diffuse attraverso gli stessi autori in due diversi ed interessanti Workshop.
Ne abbiamo approfittato quindi, per chiedere a Claudio di rispondere ad alcune domande.
Sei il fondatore di Postcart, come è nata l’idea di avviare una casa Editrice?
Nasco fotografo nel 1977, e questa “nascita” provoca istantaneamente il gusto per i libri fotografici e la necessità di acquistarli per conoscere la fotografia. Per molti anni, durante il mio apprendistato e la pratica del fotografare in giro per la mia città, il mio occhio ha potuto allenarsi bene proprio in virtù delle lezioni che i libri acquistati mi davano sul come si legge il mondo attraverso una fotocamera. Nel 1994, dopo anni di fotografie sulla mia città, Roma, sento il desiderio di riunire le foto in un libro, come succede a tanti fotografi, ma la cosa un poco bizzarra è che mi venne in mente di produrmelo da solo come editore. A quei tempi il self-publishing non esisteva e per diventare editori si doveva passare dal notaio per creare una società ad hoc per l’editoria che mi permettesse di entrare in maniera fiscalmente corretta nelle librerie, vendendo con tanto di codice barra sul libro che stavo per produrre. Esce in quell’anno Roma in bianco e nero, primo libro Postcart che sarà un successo di vendita e che darà a me la curiosità e la voglia di continuare a produrre libri da editore.
Si è portati a pensare che l’avvento dei nuovi media abbia generato un nuovo modo di concepire il mondo Editoriale, come si inserisce in questa situazione Postcart che invece edita libri cartacei?
Chi vive il mondo editoriale, fatto di progetti, autori, pensieri, disegni, fotografi, grafica applicata, traduttori, tipografi, allestitori, font da scegliere, bicromie, pantoni, materiali cartacei e non, copertine, collane, recensioni, sa benissimo che il mondo del libro non è diviso in due come due mondi separati; quello digitale può fare a meno solo di alcuni passaggi materici ma per il resto tutto quello che riguarda l’invenzione del libro, che risiede soprattutto nella testa degli autori e degli editori, è un mondo condiviso e se un libro digitale è brutto certamente non migliora con la carta.
Per noi che facciamo libri di fotografia, l’aspetto dell’esperienza tattile e visiva è molto importante, anche quando si tratta di libri, come le ultime collane di saggistica Postcart, che sono un connubio tra testo e fotografia. In questo caso abbiamo ottimi riscontri sull’acquisto fisico ma stiamo pensando di proporre presto ai nostri lettori anche la possibilità di avere un catalogo digitale per utilizzi tipici di quel modo di leggere il libro. I saggi chiaramente saranno secondo me i libri più adatti e richiesti per l’acquisto ebook.
Non vedo competizione ma una sana condivisione e una pienezza del mezzo libro attraverso più canali di utilizzo.
Come avviene la scelta degli autori e dei loro titoli? Qual’è il tuo metodo per scoprire i nuovi talenti?
Il catalogo di un editore è come una città con i suoi giardini, palazzi, quartieri, strade. Quando nasce il primo libro nessun editore può sapere che città diventerà, sta all’editore con le sue scelte e i suoi sogni farla diventare una metropoli, una città di provincia, un paese di campagna o una periferia degradata.
Ogni titolo e ogni autore, nel corso degli anni creerà l’immagine di questa città. Se la percezione del lettore lo spinge a visitare questa “città vuol dire che il “piano urbanistico” è stato pensato bene.
Per scoprire e scegliere i nuovi talenti ci sono diversi modi. Durante le manifestazioni o i festival, si possono vedere dal vivo progetti interessanti, ogni giorno via mail, fotografi ci mandano progetti in progress o già definitivi, alcune volte, quelle che preferisco, le idee escono fuori casualmente, in situazioni non convenzionali, lavori o progetti appena abbozzati mi spingono a inventare una nuova collana o proporre un libro, con la sensazione che la fiducia verso gli autori sia ben riposta, come è successo per il libro OLTRE L’IMMAGINE, inconscio e fotografia, libro che attraverso il lavoro di cinque psicoanaliste che lavorano con la fotografia, ha avuto una gestazione di quattro anni, incontri, analisi e interviste, ma questo lungo lavoro alla fine ha prodotto un libro bellissimo che sta avendo un bel successo editoriale.
I titoli proposti da Postcart sono molto curati, ciò comporta un valore aggiunto al contenuto del Libro?
L’editoria fotografica, come si può intuire, è una piccola parte del mondo libro, una parte in crescita rispetto al passato ma che fa i conti con la difficoltà economica che fa percepire il libro fotografico come bene di lusso, costoso e che spesso viene accettato solo come regalo di un certo livello per occasioni di rilievo. A parte l’editoria dedicata al libro d’autore famoso o al tema glamour che arricchisce visivamente i salotti della buona società, ci sono tanti editori piccoli come noi nel mondo che fanno un lavoro importante, onesto, duraturo, serio, continuativo e dedicato a tante tematiche differenti tra loro, le quali creano, attraverso i libri, il tessuto culturale-visivo a cui
fare riferimento per la comprensione del mondo. L’aspetto della cura del prodotto è quella cosa che ha un doppio significato: la cura per il contenuto del libro stesso è rispetto verso l’autore e il suo mondo, la cura editoriale che passa attraverso la scelta della carta, dei materiali e della grafica giusta per il tipo di progetto è rispetto per il lettore.
Quando la magia avviene, tra contenete e contenuto, può succedere che il libro acquisti una forza in più e questa forza servirà per lottare ad armi pari con l’editoria più grande che occupa tutti gli spazi, e allo stesso tempo dimostrare che un libro buono può anche essere bello. In quel momento il piccolo editore si sente al centro dell’universo e sente che tutto il lavoro fatto dà un senso al nostro mestiere e a quello degli autori.
di Teresa Mancini